San Siro è Casa Mia, eppure forse è il momento di andare avanti
Sono letteralmente cresciuto ai piedi di questo stadio, è "casa mia" nel senso che casa mia è proprio lì, ma, con il cuore triste, forse bisogna andare avanti
Questa è la visuale che ho avuto da casa mia per oltre 25 anni.
Dire che San Siro è “casa mia”, per me, non è retorica, ma è un dato di fatto: arrivare a San Siro ha sempre voluto dire essere a casa, all’ombra di quello stadio ho fatto l’asilo e le scuole elementari, lì vive ancora la mia famiglia, il luogo che persone hanno visto magari solo una volta, dopo ore di macchina fatte apposta per seguire l’Inter o il Milan dal vivo, per me è sempre stato come un arredamento.
Da bambino giocavo in un campetto sotto casa - e quindi sotto San Siro - e da lì sentivamo i boati dello stadio, imparando negli anni a riconoscere un gol segnato da uno sbagliato, un rigore concesso dai fischi per un errore arbitrale. Ogni tanto capitava che un nostro gol arrivasse quasi in contemporanea con uno dentro lo Stadio, e quel boato diventava - immaginavamo - per noi.
Nella notte tra il 29 settembre e il 30 settembre la storia di quello Stadio probabilmente è cambiata per sempre, con la decisione di dare il via libera alla cessione a Inter e Milan, che a quel punto potranno fare quello che vogliono, e sappiamo che quello che vogliono è abbattere San Siro, fare uno stadio nuovo e dare totalmente un nuovo volto a una zona che sì, è uno dei simboli di Milano, ma che chi, come me, vive lì da sempre, sa bene essere totalmente deserta quando non ci sono partite (o concerti).
Il cuore, i ricordi, le emozioni, vorrebbero che quello Stadio potesse rimanere lì per sempre. Se Inter e Milan diventano più ricche e guadagnano di più dal loro stadio a me non viene in tasca niente, se non la fumosa promessa che quei soldi verranno comprati anche per acquistare giocatori più forti. Quindi, quando ho letto la notizia della cessione (precisando che la parola fine su questa vicenda non è ancora del tutto scritta), sono stato triste. È logico, è naturale.
Tuttavia, è la cosa migliore.
Rendere una parte della città più bella, costruire uno stadio più moderno e funzionale, fa parte del progresso.
Lo so che la vicenda ha un sacco di lati oscuri, che ci saranno un sacco di fondi e speculatori che ci mangeranno soldi - spero che non accada, ma comprendo i timori di chi lancia questi appelli - ma uno stadio non è un monumento, non è un elemento che deve rimanere sempre uguale a se stesso.
È prima di tutto un luogo pensato per accogliere delle persone, per permettergli di vivere esperienze, siano partite o concerti. E questo deve essere il centro del discorso: se San Siro non può accogliere chi non è in grado di fare le scale, se i bagni fanno schifo, se i bar sono piccoli e affollati, se attorno non c’è niente, se vive solo un giorno alla settimana, se è, banalmente, una struttura che ha più di un secolo, forse è giusto che si vada avanti.
È piena la storia di stadi iconici, immortali, abbattuti e ricostruiti: vi cito solo Wembley per il calcio e lo Yankees Stadium per il baseball a New York.
Il nuovo stadio, quando e se arriverà, non sarà uguale, ma col tempo lo diventerà.
Quello che ha reso San Siro “San Siro”, non è la struttura architettonica in sé - almeno, non solo - ma sono le emozioni, le storie, personali e collettivi, che in un secolo e in milioni di partite lì sono state generate, digerite, divenute ricordi.
Andare avanti è sempre triste, partite è un po’ morire diceva il poeta, ma anche l’immobilismo uccide.
A San Siro ho sempre voluto bene, spero di poter dire lo stesso anche del “Nuovo San Siro”.
Cosa ne pensi? Sei d’accordo con la decisione del comune? Che ricordo ti lega a San Siro?
Rispondimi e parliamone insieme
A proposito di storia, nell’ultima puntata di Linee ho intervista Giovanni Toti, che è il primo italiano maschio di sempre a qualificarsi alle Olimpiadi nel Badminton, il suo sport.
Ci è riuscito a Parigi nel 2024.
Mi ha raccontato che emozioni ha provato, cosa vuol dire avere sulle spalle il peso - e la pressione - di un intero movimento sportivo, cosa voglia dire arrivare alle olimpiadi, cosa si prova quando ci si rende conto effettivamente che è tutto vero, si va alle olimpiadi, tra la gioia e le successive ambizioni da medaglia.
È una storia di sport di un ragazzo che si è avvicinato per caso al badminton e poi qualche anno dopo si è ritrovato alle olimpiadi, cosa mai successa a nessuno prima di lui.
La sua storia, e tutte le altre notizie, tra l’Italia campione del mondo nella pallavolo, la Ryder cup, Trump e il mondiale del 2026, e la guerra del cricket tra india e Pakistan, sono nella nuova puntata di Linee, la trovi su tutte le piattaforme di ascolto streaming.
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Anche io ho vissuto, fino a 14 anni, davanti a San Siro, l'ho visto trasformarsi nel tempo, i lavori per Italia 90 li vedevo in diretta dal balcone di casa. Ricordo ancora quando la mattina della domenica i pullman scaricavano migliaia di tifosi ospiti nel piazzale dello sport. Ho assistito a risse, sassaiole ma ho anche giocato a calcio con tanti ultrà. Anche io, assieme ai miei amici del cortile, giocavamo a calcio e sentivamo il boato per un gol, o il nooooooo per uno mancato di poco. Che tempi
Però il tempo passa, e ormai questo stadio può essere abbattuto, non è obbligatorio sia chiario, ma non è nemmeno obbligatorio mantenerlo. I nostalgici rimpiangono tutto, anche gli anni 70 e 80 quando si moriva per eroina e ci si ammazzava per un'idea politica, figuriamoci per uno stadio
Io non vedo l'ora di andare, a piedi ovviamente, nel nuovo stadio e portarci i miei figli. Io mi porterò nel cuore Van Basten e Shevchenko, Baresi e Maldini, Massaro e Savicevic visti a San Siro, loro avranno i loro idoli, nel loro nuovo San Siro. Il tempo scorre, tutto passa
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